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“Nella vita esistono rivincite che nei momenti bui non si possono nemmeno immaginare”. La storia di Elisa

Buio e Rinascita. Elisa ci racconta la sua storia, il dolore sottovalutato per mesi, lo sgomento di fronte ad una diagnosi inaspettata, i limiti nell’autonomia e le indicazioni non univoche sulle terapie. Le frasi fuori luogo. Ma la sua storia parla anche di solidarietà tra mamme, di amore e sostegno da parte della famiglia, di forza, di riconquiste quotidiane. E di rivincita.

La rivincita più grande per Elisa è stata quella di essersi riappropriata del suo ruolo di mamma… e non solo del suo primo bimbo: perché la malattia non l’ha privata della gioia di diventare mamma di nuovo. Questa volta senza lo stravolgimento delle fratture.

1 figlio al momento del crack

2 figli attuali

3 mesi di dolori sempre crescenti

4 mesi del bambino per la diagnosi

5 densitometrie effettuate

6 mesi l’età di mio figlio quando ho potuto tenerlo finalmente in braccio

7 vertebre fratturate

8 specialisti contattati

9 mesi di stop dal lavoro tra congedo e malattia

10 i minuti che mi servivano per passare dalla posizione sdraiata a seduta sul letto con mille dolori.

Decine di persone che non mi hanno capita

Centinaia di chilometri affrontati per ulteriori consulti.

Migliaia di lacrime versate.

Mi chiamo Elisa e il mio crack risale al 2018 quando avevo 37 anni. Il mio primo bimbo è nato a fine ottobre, già dal mese precedente avevo dei doloretti che tutti pensavano fossero dovuti alla gravidanza e successivamente al parto. A dicembre inizio ad avere scosse sempre più forti che mi si irradiano dalla schiena alle gambe. Passo il Natale facendo punture di cortisone ma non trovo sollievo, faccio qualche seduta di osteopatia ma va sempre peggio. A metà gennaio non riesco più a muovermi e la fisiatra mi consiglia di fare una risonanza. Quando vede il risultato il suo viso è pallido: ho 7 vertebre fratturate e altre malconce. Cammino per casa con un deambulatore e metto il busto C35. 

Faccio la densitometria: -5.8 alla colonna. 

“Si passa dalle diagnosi più forti come quella di tumore osseo a quella di osteoporosi gravidica, ma tutti i medici sono basiti, non hanno mai visto niente di simile, qui”.

Consulto vari specialisti, ognuno dà una propria terapia e mi trovo a dover scegliere tra teriparatide e bifosfonati. Qualcuno consiglia anche di aspettare qualche mese e utilizzare solo integratori.

Decido per i bifosfonati insieme all’integrazione della vitamina D perché sto veramente male, non riesco a prendermi cura del mio piccolo e le mie autonomie sono veramente limitate, ho bisogno continuamente di qualcuno che stia a casa con me. 

Ho dovuto interrompere l’allattamento che era iniziato benissimo, quando andavamo a fare una passeggiata mi appoggiavo al passeggino perché camminare era molto faticoso, l’unica cosa che potevo fare col mio piccolo era leggergli delle favole, se provavo a cambiargli il pannolino stavo appoggiata con il fianco al muro per non pesare sulla schiena. Ho iniziato lo svezzamento dal C35 ad aprile ma ancora tante cose mi venivano difficili da fare, soprattutto per la paura di potermi “rompere” nuovamente.

Nel frattempo ho conosciuto un gruppo di super mamme che mi ha dato tanta forza nei momenti più bui e soprattutto non mi hanno fatta sentire l’unica al mondo ad avere l’osteoporosi gravidica.

Nell’anno successivo mi sono riappropriata del mio ruolo di madre, ho iniziato a fare praticamente tutto anche se ogni sera avvertivo un bruciore interscapolare terribile che fortunatamente rientrava col riposo notturno.

Dopo due anni avevo recuperato 2 punti e mezzo alla densitometria. 

Oggi, a distanza di 5 anni ho ripreso la mia vita regolare, prendo in braccio i miei bambini (eh sì, nel frattempo abbiamo avuto anche il secondo, che ho allattato per 11 mesi) ho lasciato i bifosfonati e continuo con la vitamina D. 

“Mi rimane l’amarezza di un periodo che dovrebbe essere tra i più belli della vita e che invece ha  visto ogni minimo movimento, anche il semplice respiro, trasformarsi in un incubo“.

Rimane il rancore per alcuni commenti “se cammini così storta è naturale che hai mal di schiena”, “è tutta una questione di testa” (con tanto di indice picchiettato sulla testa come ad indicare che fossi pazza), “così giovane…”, “vivi in Sicilia , mettiti al sole!” detti sia da professionisti che da persone vicine, e che mi resteranno marchiati a vita. 

Ma soprattutto rimarranno le persone che ho avuto vicine davvero. Mio marito, sconvolto quanto e più di me che nella condizione di neo-padre (con moglie plurifratturata), riusciva a gestire contemporaneamente lavoro e neonato e mi sosteneva mentre faticavo per trovare una posizione che non mi facesse piangere dal dolore per allattare il piccolo. La mia famiglia, sempre presente sia fisicamente che moralmente e anche molto più preoccupata di me.

Da quei mesi ho imparato che siamo dotate di una forza di cui non siamo a conoscenza, che il legame con i nostri piccoli non viene spezzato dalla nostra malattia ma anzi viene alimentato anche dalle poche cose che si riescono a fare in quei momenti, e che nella vita esistono delle rivincite che nei momenti più bui non si possono nemmeno immaginare. E le mie rivincite, sono loro!

1 Commento

  • Salerno Nuccia
    Pubblicato 19 Maggio 2023 at 21:06

    Mi hai fatto rivivere la mia storia che appartiene poi a tutte noi e mentre leggevo la tua testimonianza le lacrime solcavano il.mio viso perché quei momenti bui non si possono dimenticare mai!

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