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Osteoporosi gravidica alla terza gravidanza: una mamma invincibile che diventa improvvisamente fragile. La storia di Elide

L’osteoporosi gravidica si presenta con maggiore frequenza alla prima gravidanza, ma non è una regola fissa. Può capitare che, dopo aver già portato a termine altre gravidanze in pieno stato di salute e benessere, il corpo inaspettatamente tradisca. E quella che fino a poco tempo prima era, agli occhi dei propri figli, una mamma invincibile diventa improvvisamente fragile. La malattia cambia tutto, porta con sé sofferenza, timori e sensi di colpa per essere, per il nuovo nato, una mamma diversa da quella che hanno conosciuto gli altri figli. Le domande prendono il posto delle certezze di prima ma, con pazienza e perseveranza, si inizia a ricostruire. La storia di Elide.

Sono madre di tre bambini: due maschietti, di otto e sei anni, e la più piccola, Flavia, di sei mesi.

Le prime due gravidanze, fortunatamente, sono state senza problemi. Dopo alcuni anni abbiamo desiderato un altro figlio e a febbraio 2022 ho scoperto di essere in attesa della nostra tanto desiderata femminuccia.

Durante la gravidanza, nonostante la fatica legata alla gestione di altri due bambini, il lavoro e la casa non ho avuto particolari problemi, se non qualche sporadico mal di schiena come nelle due precedenti gravidanze.

La mia piccola doveva nascere l’8 settembre con parto cesareo programmato, avendo avuto due pregressi cesarei, ma il 16 agosto ha deciso che era arrivato il momento di conoscerci e così, con un cesareo d’urgenza, è venuta alla luce.

Nonostante fosse nata pretermine aveva un buon peso ma poi con il calo fisiologico ed un po’ di ittero, ha perso diversi ettogrammi. E’ stato un continuo viavai per giorni verso la clinica nella quale era nata con l’incubo, ogni volta, che sarei tornata a casa senza di lei perché mi dicevano che se non fosse cresciuta abbastanza avrebbero dovuto ricoverarla, senza di me.

Le doppie pesate ad ogni poppata, il tiralatte a tutte le ore. Sono state settimane durissime ma finalmente cominciavo a vederla crescere e stare bene, ero felice, distrutta ma felice!

Per due mesi ha vissuto praticamente incollata a me. Facevo tutto con lei in braccio.

Nel frattempo le eco encefalo che si fanno da protocollo ai nati pretermine segnalavano la persistenza di segni di prematurità, mi dicevano di stare tranquilla ma anche di continuare a fare eco nella speranza che tutto rientrasse.

Un giorno di metà ottobre notai i suoi occhi lucidi, le misurai la febbre e le feci immediatamente un tampone: positiva al Covid.

L’ansia mi assalì, il suo pianto inconsolabile mi costringeva a tenerla costantemente attaccata al seno, notti intere trascorse seduta in divano con lei tra le braccia che trovava pace solo sul mio petto.

Dopo qualche giorno sembrava stare meglio e decisi di andare a letto mettendola nella culla attaccata al nostro letto. Crollai per la stanchezza ma dopo neppure un’ora si svegliò piangendo disperata.

Ricordo solo che la presi dalla culla senza alzarmi dal letto e nel metterla accanto a me per darle il seno avvertii come una pugnalata alla schiena.

Al mattino alzarmi fu un’impresa titanica, ero convinta di avere uno strappo muscolare e cominciai a mettere cerotti, a prendere antidolorifici. Per un po’ stavo meglio, ma appena finiva l’effetto dei farmaci il dolore era insopportabile.

“Non riuscivo più nemmeno a pettinarmi, mi lavavo i denti stando dritta perché non potevo chinarmi verso il lavandino”.

In qualche modo la vita andava comunque avanti e, nonostante il dolore, continuavo ad occuparmi dei miei figli e di tutto il resto.

Una sera fui presa dallo sconforto perché non riuscivo a girarmi nel letto, piangevo per il dolore e mi resi conto che era una cosa più seria di quella che immaginavo e, soprattutto, speravo.

Il 3 novembre andai a fare una risonanza e mi diagnosticarono una frattura della vertebra D10.

La dottoressa mi disse che probabilmente avevo fatto un movimento sbagliato, ma io, pur non essendo un medico, sapevo che non poteva essere così. Chiesi se fosse il caso di fare una Moc ma mi trattarono come una pazza.

“Tornai a casa con il busto ed ancora ricordo l’espressione dei miei figli “grandi”: la loro mamma invincibile era diventata improvvisamente fragile, fuori e dentro“.

Mi dissero che non avrei dovuto prendere la piccola in braccio se non da seduta e che avrei dovuto interrompere l’allattamento per prendere dei farmaci che avrebbero agevolato la guarigione della frattura.

Decisi di non prendere i farmaci perché non volevo smettere di allattare la mia bambina che finalmente cresceva alla grandissima.

Il 17 novembre avevo Flavia tra le braccia mentre stavo seduta e, senza pensarci, mi alzai in piedi – eh sì mettendo il busto non avevo più dolore ed il mio corpo mi ha ingannato.

Un dolore terribile, lo stesso di un mese prima.

Ricominciai con cerotti e farmaci, ma niente. Il 4 Dicembre alla risonanza magnetica di controllo riscontrarono una seconda frattura vertebrale, la D8.

Il dottore che aveva refertato la risonanza chiese di parlarmi, mi pietrificai.

“Signora, io devo chiederle se è caduta, ma anche se è stata percossa.

Se mi dice di no allora io devo dirle che chiaramente dobbiamo escludere patologie gravi di carattere oncologico, ma per me lei ha un’osteoporosi gravidica”.

“Era sabato, in quel weekend la mia mente fu pervasa dai pensieri più terribili”.

Il lunedì mattina uscii di casa all’alba per andare a fare tutte le analisi per escludere le patologie più gravi. Ricordo che cominciai a piangere uscita dal garage e smisi solo una volta rientrata a casa.

Perché, chiaramente, non ho mai voluto che i miei bambini mi vedessero distrutta dal dolore. Per loro, soltanto per loro, ho sempre cercato di sorridere anche quando il mio cuore era a pezzi.

Il 7 dicembre riuscii a fare la densitometria: osteoporosi eclatante alla colonna con un fenomenale -4 di T-Score ed osteopenia al femore.

Certo, rispetto alle ipotesi peggiori che mi avevano prospettato, c’era quasi da gioire.

Peccato che da quel giorno la mia vita non è più la stessa.

Nel giro di 24 ore ho tolto  il seno alla mia piccola Flavia, piangendo disperata ad ogni poppata. Un senso di colpa e vuoto indescrivibili.

Ho cominciato immediatamente la terapia farmacologica intramuscolo, ogni puntura un male cane!

La sofferenza si è impossessata  di ogni mia cellula.

Non poter più stringere quell’esserino che fino a qualche ora prima viveva in simbiosi con me, che si perdeva tra le mie braccia e si addormentava al mio seno con una dolcezza infinita.

Ho attraversato l’inferno in terra.

Poi un giorno realizzai di aver dimenticato l’eco encefalo di controllo della bambina e decisi di fissarla al volo.

La sera prima “mi autorizzai” a piangere, ma feci una promessa a me stessa: se il controllo della bambina fosse andato bene avrei smesso di disperarmi.

Fortunatamente la visita andò bene e da quel momento non c’è giorno che io non ricordi la mia promessa.

Una promessa difficile da mantenere, perché di momenti di sconforto, dolore e solitudine se ne vivono tanti.

Sono passati due lunghissimi mesi, da tre giorni ho cominciato a togliere il busto gradualmente.

Le mie fratture non sono ancora completamente guarite, ma è giunto il momento di ripartire.

Ancora non ho ricominciato a gestire la piccola in autonomia, anche se ho trovato tutti gli escamotage per potermene occupare più possibile in sicurezza.

Non ho ancora deciso quale cura intraprendere per l’osteoporosi. C’è troppa incertezza e troppa poca conoscenza per poter decidere con serenità ed in modo consapevole ed informato.

“Io non so più nulla, so soltanto che non sono più la donna e la madre che ero.

Mi chiedo se un giorno potrò fare con Flavia tutto ciò che ho fatto con i suoi fratelli.

Potrò portarla al parco e metterla sull’altalena?

Potrò portarla all’asilo mettendola nel seggiolino e tirandola giù?

Potrò sollevarla quando tra qualche mese cadrà mille volte imparando a camminare?

Mi chiedo se questo inferno finirà e potrà tornare il sereno”.

Le mamme conosciute sulla chat Cric Crac sono state l’unica luce in questo periodo buio e le testimonianze di alcune di loro mi danno la forza e la positività necessarie per far fronte alle difficoltà, fisiche ed emotive, che accompagnano i miei giorni.

A tutte le donne in gravidanza o appena diventate mamme dico: non trascurate i segnali del vostro corpo, abbiatene cura.

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