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Osteoporosi gravidica e rischio di nuove fratture: i dati di uno studio tedesco

L’osteoporosi gravidica colpisce la donna in uno dei momenti che dovrebbe essere tra i più belli della vita: la nascita di un figlio.
Provoca dolori atroci e invalidanti e non consente di occuparsi del bambino e di se stesse.  Ma ciò che rende tutto ancora più difficile è l’incertezza.
E’ una patologia poco conosciuta e poco studiata. Da qui i frequentissimi ritardi nella diagnosi e i tanti interrogativi ancora aperti.

La paura che accompagna costantemente le donne che hanno sperimentato fratture da fragilità in concomitanza di una gravidanza è quella di fratturarsi ancora, che il loro corpo torni a tradirle. Ogni movimento non ponderato, ogni nuovo dolore diventa fonte di preoccupazione e la strada per riacquisire fiducia nel proprio corpo è lunga e in salita. Il timore di andare incontro a nuove fatture raggiunge, poi, l’apice quando si pensa ad una nuova gravidanza.

Ma qual è l’effettivo rischio di tornare a fratturarsi per donne con osteoporosi gravidica e precedenti fratture da fragilità? E nel caso di una successiva gravidanza, il rischio aumenta?

Purtroppo non vi sono ancora risposte pienamente esaurienti a queste domande, in quanto gli studi sull’osteoporosi gravidica sono al momento pochi e per lo più su campioni di donne limitati.

La ricerca su questa malattia sta, tuttavia, aumentando. In Italia, dove sta per cominciare il primo studio epidemiologico italiano condotto dall’osservatorio OFF con la collaborazione di MAMog.  Nel resto del mondo, con ricerche in corso presso la Columbia University di New York, e presso la Royal Osteoporosis Society, fondata da un team di ricercatori dell’Università di Edimburgo al fine di studiare l’osteoporosi gravidica.

Alcuni interessanti dati sul rischio di successive fratture sono, tuttavia, stati forniti da uno studio, pubblicato sulla rivista Osteoporosis International e intitolato Subsequent fracture risk of women with pregnancy and lactation-associated osteoporosis after a median of 6 years of follow-up”.

Si tratta di uno studio che ha coinvolto 107 donne, un campione non vastissimo ma nettamente superiore rispetto a quelli analizzati nei precedenti studi sul rischio di fratture successive. Lo studio precedente con il campione più ampio analizzato, infatti, vedeva coinvolte solo 14 donne.

Leggiamo quindi le risultanze di questo studio tenendo conto di alcune sue limitazioni messe in luce dagli stessi autori della ricerca.

Come sono state scelte le donne che hanno partecipato allo studio?

Vale la pena di soffermarsi brevemente sui criteri di reclutamento delle donne partecipanti allo studio. Gli stessi parametri di diagnosi dell’osteoporosi gravidica – conosciuta anche con gli acronimi inglesi di PAO (Pregnancy Associated Osteoporosis) e PLO (Pregnancy and Lactation Osteoporosis) – risultano, infatti, spesso sfuggenti.

Le pazienti coinvolte nello studio sono state scelte tra le donne con sospetta osteoporosi gravidica confluite al German reference center for PAO, un centro fondato nel 2004 e costituente un importante punto di riferimento sull’osteoporosi gravidica che raccoglie un grande numero di pazienti provenienti da Germania, Austria e Svizzera.

Lo studio include 107 donne che avevano presentato fratture, senza traumi o con traumi minimi, durante la gravidanza o fino a 6 mesi dopo il parto.

Tutte le pazienti hanno riportato almeno una frattura, con un massimo di 10 fratture e un numero medio di 4 fratture.

Sono state escluse dallo studio le pazienti affette da malattie note per influenzare il metabolismo osseo (come alcuni disturbi endocrini, osteogenesi imperfetta, osteomalacia, malattie infiammatorie intestinali, malattie del tessuto connettivo, artrite reumatoide) e da altre forme secondarie di osteoporosi preesistente, vale a dire diagnosticata prima della gravidanza. Allo stesso modo, sono state escluse dallo studio le donne che avevano intrapreso trattamenti farmacologici per ridurre il rischio fratturativo prima del reclutamento. Non sono state invece escluse le donne sotto trattamento con eparina o glucocorticoidi durante la gravidanza.

Uno studio durato più di dieci anni

Le pazienti sono state seguite per un periodo di circa 10 anni e si tratta di donne con un’età compresa tra i 27 e i 57 anni.

Proprio l’età del campione esaminato costituisce, per ammissione stessa degli autori, un primo limite alla valenza delle risultanze dello studio. Si tratta, infatti, di un’età abbastanza avanzata per uno studio relativo all’osteoporosi gravidica e implica che alcune delle donne potrebbero essere entrate in menopausa durante il periodo di follow up.

Quanto tempo ci vuole per guarire dal dolore?

Prima di parlare di rischio di nuove fratture, vediamo alcuni dati interessanti emersi dallo studio.

  • Nel 70% dei casi l’osteoporosi gravidica è stata diagnosticata alla prima gravidanza.
  • La stragrande maggioranza delle donne ha riportato fratture vertebrali, in linea con quanto già riscontrato nella letteratura relativa all’osteoporosi gravidica.
  • Per la maggioranza delle donne, ovvero per il 58,5%, il periodo di risoluzione delle fratture, intendendosi per tale l’arco di tempo intercorso prima della totale regressione della sintomatologia dolorosa, è stato superiore ai 3 anni. osteoporosi gravidica e rischio fratture successive
  • Il 71% delle pazienti ha riportato restrizioni  riguardanti la vita quotidiana di diverso tipo, comprendenti il dolore, le limitazioni nei movimenti, l’impossibilità di svolgere l’attività lavorativa o la ridotta resistenza nello svolgimento del proprio lavoro.osteoporosi gravidica
Quanto è reale il rischio di fratturarsi di nuovo dopo la prima diagnosi?

La possibilità di rivivere l’incubo delle fratture è uno dei timori più grandi per le donne che hanno sperimentato fratture da fragilità in gravidanza. Provare di nuovo i dolori e le limitazioni delle fratture con un bambino ancora piccolo e far rivivere al proprio figlio la malattia della mamma è una prospettiva che spaventa.

Sulla base di quanto emerge dallo studio, il rischio di fratturarsi nuovamente in un arco temporale più o meno ridotto è, purtroppo, reale.

In un periodo di follow up medio di 6 anni, il 24.3% delle donne, dunque 26 su 107, ha riportato, infatti, nuove fratture. Questo dato è risultato in linea con le risultanze di un precedente studio condotto su 14 donne, il quale aveva constatato la ripetizione dell’evento fratturativo in 4 donne, ovvero nel 28.6% dei casi.

La maggior parte delle nuove fratture è avvenuta a distanza di oltre sei mesi dalle prime fratture e l’82,6% delle pazienti che sono incorse in fratture successive era ancora sotto trattamento medico antifratturativo.

osteoporosi gravidica

E’ stata, poi, rilevata una correlazione significativa tra il numero di fratture riportate alla prima diagnosi e il successivo rischio fratturativo: le pazienti con una sola frattura hanno avuto un’incidenza di nuove fratture del 10%, mentre le donne che avevano subito più di una frattura hanno avuto un’incidenza di nuove fratture del 27%.

Cosa è successo alle donne che hanno intrapreso una nuova gravidanza?

Ed eccoci ora a una delle domande più ricorrente tra le donne che hanno sperimentato fratture da fragilità in gravidanza, soprattutto se – come accade frequentemente – le fratture si sono verificate alla prima gravidanza: potrò avere un altro bambino senza rompermi?

osteoporosi gravidica e rischio fratture successive

 

Il 28% delle partecipanti allo studio, vale a dire 30 delle 107 donne, ha avuto una gravidanza successiva alla diagnosi di osteoporosi gravidica. Tutte le 30 donne che hanno avuto gravidanze successive rientravano tra le 81 pazienti che erano state sottoposte a trattamenti antifratturativi. Tuttavia solo 17 delle donne che sono rimaste nuovamente incinta hanno portato a termine la gravidanza.

Tra le pazienti che hanno avuto una gravidanza successiva, il 20% delle donneovvero 6 su 30, ha riportato nuovamente fratture

Altro dato interessante è che nelle gravidanze successive a quella della diagnosi di osteoporosi gravidica non sono stati rilevati ulteriori decrementi della densità minerale ossea.

E’ necessario smettere di allattare?

Per quanto riguarda l’allattamento, non vi sono dati relativi alla gravidanza successiva a quella della diagnosi, in quanto in occasione del secondo parto tutte le donne coinvolte nello studio hanno deciso di non allattare, come da raccomandazioni mediche.

Per quanto riguarda la gravidanza in occasione della quale si sono verificate le fratture, il 70,1% delle donne ha interrotto l’allattamento. Le donne che hanno subito smesso di allattare hanno avuto in media 2.2. fratture, mentre quelle che hanno proseguito l’allattamento da 1 a 3 mesi hanno riportato in media 2.4 fratture e quelle che hanno proseguito dai 4 agli 8 mesi hanno riportato in media 4 fratture.

Nonostante la differenza numerica, i ricercatori non hanno, tuttavia, ritenuto esserci correlazioni significative tra durata dell’allattamento e numero di fratture.

I trattamenti farmacologici riducono il rischio fratturativo?

Il dato più sorprendente dello studio riguarda proprio i trattamenti farmacologici.

osteoporosi gravidica e rischio fratture successive

E’ emerso che le pazienti che si sono sottoposte a un trattamento (il 75.7% delle donne coinvolte nella ricerca ha assunto bifosfonati e/o derivati dell’ormone paratiroideo e supplementazione di vitamina D) hanno avuto in media più fratture di quelle che non hanno assunto trattamenti.

Quasi tre quarti delle donne che si sono fratturate una seconda volta avevano, infatti, assunto terapie farmacologiche.

Allo stesso modo, le 81 pazienti sotto trattamento che hanno avuto nuove fratture, hanno riportato in media più fratture rispetto alle pazienti senza trattamento che si sono rifratturate.

Questo dato, tuttavia, può essere in qualche misura falsato, come hanno osservato gli stessi autori dello studio, dal fatto che, in assenza di line guida terapeutiche per l’osteoporosi gravidica, è probabile che le pazienti con una situazione più grave già in partenza e con un numero di fratture più elevato siano state sottoposte a trattamenti farmacologici più frequentemente di quelle con una situazione meno importante.

Qual è l’evoluzione della densità minerale ossea?

Il follow up riguardante la densità minerale ossea, condotto in una media di 4 anni e mezzo successivi alla diagnosi, ha mostrato un evidente incremento della densità ossea a livello lombare, indipendentemente dal tipo di trattamento. L’andamento è stato quello di un iniziale incremento tendente ad una stabilizzazione.

La maggior parte delle pazienti non ha, tuttavia, raggiunto la massa ossea considerata adeguata all’età.

L’osteoporosi gravidica è una malattia grave

I ricercatori che hanno condotto lo studio hanno richiamato l’attenzione sulla gravità della malattia: sulla base dei risultati dello studio quasi un quarto delle pazienti con osteoporosi gravidica subirà una frattura successiva, con rischio crescente in relazione al numero di fratture al momento della diagnosi.

Gli autori dello studio auspicano, quindi, una maggiore consapevolezza della comunità medica, ponendo l’accento sull’importanza di una  diagnosi tempestiva, di interventi medici tarati sulla situazione individuale della singola paziente e di una corretta informazione delle pazienti sul rischio di fratture successive.

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